UFFICIO COMPLICAZIONE COSE SEMPLICI.
La fase discendente del progresso tecnologico
Sarà che la giornata è cominciata con un rocambolesco inseguimento del mio cappello a falde larghe, abilmente portatomi via dal vento…
Ebbene, questo divertente momento mi ha spinto a riflettere sulla complicazione che comportano alcuni fattori mutevoli.
Lo so, dal cappello svolazzante ai massimi sistemi, il percorso può sembrare contorto… E lo è! Né più e né meno di quello che il vento ha fatto fare al mio cappello.Ma veniamo al dunque.
Tutti i fattori mutevoli – come la moda, lo stile, le forme –, senza un’idea permanente tendono a finire nel dimenticatoio. Questa è la principale riflessione di questo articolo.
In effetti, non so quante altre volte indosserò il mio bel cappello alla Joseph Beuys, e non saprei nemmeno quanto, nel tempo, resterà vivido nell’immaginario collettivo. Sebbene sia un oggetto iconico, non è funzionale: un cappello invernale che il vento porta via facilmente, non è un’idea geniale, diciamocelo.Da un altro punto di vista, come James Hillman ebbe a spiegare, le idee immutabili per essere eterne devono trasformarsi in eterno: cambiare forma.
Quindi, c’è un fattore mutevole – costantemente innovativo – che va considerato per la vitalità stessa di un’idea.
Magari, si potrebbe suggerire una modifica, una innovazione di design funzionale ai produttori di cappelli a falde larghe… Ci penserò! Ma oggi non intendo parlare di moda, bensì di innovazione tecnologica e (presunto) progresso tecnologico.
Le innovazioni tecnologiche sono i fattori mutevoli per eccellenza, e si trovano, a mio avviso, in una fase discendente che definisco “ufficio complicazione cose semplici”.
E parlo di quelle cose semplici che abbiamo conquistato attraverso percorsi complessi, sforzi e ricerche di decine, se non centinaia di anni.
Cerco di spiegarmi.
Oggi, dopo l’avvincente ricorsa del cappello, mi è capitata una (s)fortunata serie di eventi legati a innovazioni delle quali tutti noi ci avvaliamo.
A cominciare dal dover fare un bonifico on-line, entrando nella pagina web della banca nel giorno sbagliato, ossia quello del cambio-password. Paura. Con i nuovi obblighi di sicurezza, tutti sanno quanto si siano complicate le cose, tant’è che tutti passiamo ore e ore della nostra vita ad autenticare password con codici di sicurezza che hanno codici di controllo che, a loro volta, hanno codici di verifica, ecc. Sistemi ideati per essere (virtualmente) inviolabili, come il 2FA (2 factor authentication), reiterato a ogni santo passaggio, dall’inserimento della password alla conferma dell’operazione. Utilissimo – finché non cambieranno le tecnologie –, ma insopportabile.
E vogliamo parlare della fatturazione elettronica? Schede anagrafiche con una marea di campi da compilare, split, contro-split, invia qui, invia lì, usa il codice destinatario, usa la pec, invia la copia di cortesia, invia l’anteprima XML.
Un delirio che costringe specialmente i piccoli imprenditori a fare i conti con complicati obblighi, da quelli burocratico-legali, a quelli della comunicazione, dalla gestione fiscale alla sicurezza. Anche la piccola o micro-impresa avrebbe bisogno di almeno 5-6 figure professionali diverse per gestire correttamente tutti gli aspetti aziendali. Ovviamente, è una situazione impossibile da gestire, il gioco non varrebbe la candela.
Soluzioni facili ne abbiamo? No.
Se si pensa a quanto sia diventato complicato gestire un sito web, si capisce perfettamente dove voglio andare a parare…
A prescindere dagli obblighi legali dovuti alle nuove norme in fatto di Privacy, più andiamo avanti e più, per es., si complica il rapporto tra web security e responsivity. Ogni aggiornamento dei moduli, dettato da norme di sicurezza, comporta quasi sempre lunghe rettifiche di cross-browsing, che diventano esponenzialmente più complicate col passare del tempo.
Il lavoro necessario a rendere responsivo un sito web graficamente elaborato (user experience e template design), tra dispositivi e formati possibili, nuovi browser, vecchie e nuove versioni, è incalcolabile.
Almeno, questo è ciò che accade oggi, dicembre 2019.
La (necessaria?) presenza sui Social Media si complica sempre più ogni volta che un nerd se ne inventa un’altra. Facebook per i brand, Twitter per le news, Linkedin per il networking, e poi c’è Instagram, e ancora Tik Tok, ma c’è anche Quora, c’erano Pinterest e Tumblr e ce ne saranno tanti altri.
Ma quanta energia investiamo nei Social?
C’è almeno da rifletterci…
L’innovazione modifica anche i formati della comunicazione, incurante delle regole fisiologiche dell’attenzione visiva.
Un esempio sono i video, per i quali oggigiorno si spendono grandi risorse in versioning. Lo stesso prodotto, per es., va esportato, di base, in orizzontale – formato fisiologicamente corretto –, mentre va in verticale per le stories di Instagram – ma solo per 15 secondi altrimenti si va su IGTV! –, e ancora 1:1 per mobile, e domani lo faremo circolare o romboidale, ecc., ecc.
Così, un unico video viene caricato molteplici volte, per attenersi agli algoritmi dell’organica dei diversi Social – per ognuno dei quali c’è un rispettivo formato –, ma anche per ottimizzare l’indicizzazione su Google, caricato quindi su YouTube con le regole di YouTube. E via dicendo…
Tutto questo uploading sparpagliato qui e lì, su una quantità sempre crescente di server, non solo è inquinante ma entra in contraddizione con le regole dell’architettura informatica. Più specificamente, entra in contraddizione con il principio di accessibilità e ottimizzazione delle risorse, che sta alla base dei Database, per il quale un unico file nidificato è accessibile via query da molteplici sorgenti.
Un principio semplice, di economia delle risorse, raggiunto in anni e anni di ricerca e contraddetto bellamente dall’avvento dei Social.
Il motivo? Facebook fa gnegnegne a Google e i file da caricare diventano 2, Google fa gnegnegne a Pinko e i file da caricare diventano 3, Pinko fa gnegnegne a Pallo e i file diventano 4…
Tutto questo progresso tecnologico, nato per migliorare e semplificare, ci sta evidentemente sfuggendo di mano.
La tecnica, l’innovazione, la tecnologia – e tutti i fattori mutevoli di questo genere – stanno cominciando a mal funzionare.
Sicuramente ci saranno ulteriori innovazioni che regoleranno questa fase discendente, ma se non cambieremo – (ri)animando i fattori mutevoli con idee pensate per perdurare – torneremo sempre punto e a capo.
Tra dinamiche puramente orizzontali, da percorrere a velocità sempre più sostenute, stiamo creando una bolla tecnologica di dimensioni colossali.
Stiamo dissipando energie con una accelerazione ossessiva, accumulatoria, priva di verticalità e concentrazione.
La sovrastimolazione alla quale ci siamo costretti, inebetisce e genera apatia. Non è progresso tecnologico, non è miglioramento, è distruzione delle istanze vitali.
Bisogna rieducarsi alla profondità, all’intensità e all’empatia delle competenze creative e umanistiche che, per produrre idee solide, richiedono studio e tempo e sono tese tra dubbi, prove, fallimenti, intuizioni e soluzioni inedite.
Bisogna ricercare la semplicità attraverso la complessità, e non la semplificazione attraverso la complicazione.
Certo, senza ignorare le innovazioni tecnologiche, ma con la salda consapevolezza che cambieranno ancora e che nessun progresso dura in eterno.
Come insegna la legge dei mutamenti dell’I-Ching, allo Yin succede lo Yang, uno è causa dell’altro, e quando la bolla tecnologica esploderà – proprio a causa della troppa velocità e del troppo peso –, saremo costretti a cambiare.
In quest’ottica, riacquisire lentezza – e leggerezza – è indovinare il futuro oggi, o piegarsi a esso domani.
Per un ulteriore focus sul tema: LE PREDIZIONI DI CASSANDRA SUL NO LIKE DI INSTAGRAM
Vincenzo Notaro
Direttore creativo
Officina Mirabilis