UFFICIO COMPLICAZIONE COSE SEMPLICI.
La fase discendente del progresso tecnologico
Sarà che la giornata è cominciata con un rocambolesco inseguimento del mio cappello a falde larghe, abilmente portatomi via dal vento…
Ebbene, questo divertente momento mi ha spinto a riflettere sulla complicazione che comportano alcuni fattori mutevoli.
Lo so, dal cappello svolazzante ai massimi sistemi, il percorso può sembrare contorto… E lo è! Né più e né meno di quello che il vento ha fatto fare al mio cappello.Ma veniamo al dunque.
Tutti i fattori mutevoli – come la moda, lo stile, le forme –, senza un’idea permanente tendono a finire nel dimenticatoio. Questa è la principale riflessione di questo articolo.
In effetti, non so quante altre volte indosserò il mio bel cappello alla Joseph Beuys, e non saprei nemmeno quanto, nel tempo, resterà vivido nell’immaginario collettivo. Sebbene sia un oggetto iconico, non è funzionale: un cappello invernale che il vento porta via facilmente, non è un’idea geniale, diciamocelo.Da un altro punto di vista, come James Hillman ebbe a spiegare, le idee immutabili per essere eterne devono trasformarsi in eterno: cambiare forma.
Quindi, c’è un fattore mutevole – costantemente innovativo – che va considerato per la vitalità stessa di un’idea.
Magari, si potrebbe suggerire una modifica, una innovazione di design funzionale ai produttori di cappelli a falde larghe… Ci penserò! Ma oggi non intendo parlare di moda, bensì di innovazione tecnologica e (presunto) progresso tecnologico.
Le innovazioni tecnologiche sono i fattori mutevoli per eccellenza, e si trovano, a mio avviso, in una fase discendente che definisco “ufficio complicazione cose semplici”.
E parlo di quelle cose semplici che abbiamo conquistato attraverso percorsi complessi, sforzi e ricerche di decine, se non centinaia di anni.
“Senza Beyus”, opera di Santolo De Luca, grafite su cartone sagomato, 1995. Courtesy of L’arcael’arco edizioni, dal catalogo PERMAMENTPRESENT.
Cerco di spiegarmi.
Oggi, dopo l’avvincente ricorsa del cappello, mi è capitata una (s)fortunata serie di eventi legati a innovazioni delle quali tutti noi ci avvaliamo.
A cominciare dal dover fare un bonifico on-line, entrando nella pagina web della banca nel giorno sbagliato, ossia quello del cambio-password. Paura. Con i nuovi obblighi di sicurezza, tutti sanno quanto si siano complicate le cose, tant’è che tutti passiamo ore e ore della nostra vita ad autenticare password con codici di sicurezza che hanno codici di controllo che, a loro volta, hanno codici di verifica, ecc. Sistemi ideati per essere (virtualmente) inviolabili, come il 2FA (2 factor authentication), reiterato a ogni santo passaggio, dall’inserimento della password alla conferma dell’operazione. Utilissimo – finché non cambieranno le tecnologie –, ma insopportabile.
E vogliamo parlare della fatturazione elettronica? Schede anagrafiche con una marea di campi da compilare, split, contro-split, invia qui, invia lì, usa il codice destinatario, usa la pec, invia la copia di cortesia, invia l’anteprima XML.
Un delirio che costringe specialmente i piccoli imprenditori a fare i conti con complicati obblighi, da quelli burocratico-legali, a quelli della comunicazione, dalla gestione fiscale alla sicurezza. Anche la piccola o micro-impresa avrebbe bisogno di almeno 5-6 figure professionali diverse per gestire correttamente tutti gli aspetti aziendali. Ovviamente, è una situazione impossibile da gestire, il gioco non varrebbe la candela.
Soluzioni facili ne abbiamo? No.
Se si pensa a quanto sia diventato complicato gestire un sito web, si capisce perfettamente dove voglio andare a parare…
A prescindere dagli obblighi legali dovuti alle nuove norme in fatto di Privacy, più andiamo avanti e più, per es., si complica il rapporto tra web security e responsivity. Ogni aggiornamento dei moduli, dettato da norme di sicurezza, comporta quasi sempre lunghe rettifiche di cross-browsing, che diventano esponenzialmente più complicate col passare del tempo.
Il lavoro necessario a rendere responsivo un sito web graficamente elaborato (user experience e template design), tra dispositivi e formati possibili, nuovi browser, vecchie e nuove versioni, è incalcolabile.
Almeno, questo è ciò che accade oggi, dicembre 2019.
La (necessaria?) presenza sui Social Media si complica sempre più ogni volta che un nerd se ne inventa un’altra. Facebook per i brand, Twitter per le news, Linkedin per il networking, e poi c’è Instagram, e ancora Tik Tok, ma c’è anche Quora, c’erano Pinterest e Tumblr e ce ne saranno tanti altri.
Ma quanta energia investiamo nei Social?
C’è almeno da rifletterci…
L’innovazione modifica anche i formati della comunicazione, incurante delle regole fisiologiche dell’attenzione visiva.
Un esempio sono i video, per i quali oggigiorno si spendono grandi risorse in versioning. Lo stesso prodotto, per es., va esportato, di base, in orizzontale – formato fisiologicamente corretto –, mentre va in verticale per le stories di Instagram – ma solo per 15 secondi altrimenti si va su IGTV! –, e ancora 1:1 per mobile, e domani lo faremo circolare o romboidale, ecc., ecc.
Così, un unico video viene caricato molteplici volte, per attenersi agli algoritmi dell’organica dei diversi Social – per ognuno dei quali c’è un rispettivo formato –, ma anche per ottimizzare l’indicizzazione su Google, caricato quindi su YouTube con le regole di YouTube. E via dicendo…
Tutto questo uploading sparpagliato qui e lì, su una quantità sempre crescente di server, non solo è inquinante ma entra in contraddizione con le regole dell’architettura informatica. Più specificamente, entra in contraddizione con il principio di accessibilità e ottimizzazione delle risorse, che sta alla base dei Database, per il quale un unico file nidificato è accessibile via query da molteplici sorgenti.
Un principio semplice, di economia delle risorse, raggiunto in anni e anni di ricerca e contraddetto bellamente dall’avvento dei Social.
Il motivo? Facebook fa gnegnegne a Google e i file da caricare diventano 2, Google fa gnegnegne a Pinko e i file da caricare diventano 3, Pinko fa gnegnegne a Pallo e i file diventano 4…
Tutto questo progresso tecnologico, nato per migliorare e semplificare, ci sta evidentemente sfuggendo di mano.
La tecnica, l’innovazione, la tecnologia – e tutti i fattori mutevoli di questo genere – stanno cominciando a mal funzionare.
Sicuramente ci saranno ulteriori innovazioni che regoleranno questa fase discendente, ma se non cambieremo – (ri)animando i fattori mutevoli con idee pensate per perdurare – torneremo sempre punto e a capo.
Tra dinamiche puramente orizzontali, da percorrere a velocità sempre più sostenute, stiamo creando una bolla tecnologica di dimensioni colossali.
Stiamo dissipando energie con una accelerazione ossessiva, accumulatoria, priva di verticalità e concentrazione.
La sovrastimolazione alla quale ci siamo costretti, inebetisce e genera apatia. Non è progresso tecnologico, non è miglioramento, è distruzione delle istanze vitali.
Bisogna rieducarsi alla profondità, all’intensità e all’empatia delle competenze creative e umanistiche che, per produrre idee solide, richiedono studio e tempo e sono tese tra dubbi, prove, fallimenti, intuizioni e soluzioni inedite.
Bisogna ricercare la semplicità attraverso la complessità, e non la semplificazione attraverso la complicazione.
Certo, senza ignorare le innovazioni tecnologiche, ma con la salda consapevolezza che cambieranno ancora e che nessun progresso dura in eterno.
Come insegna la legge dei mutamenti dell’I-Ching, allo Yin succede lo Yang, uno è causa dell’altro, e quando la bolla tecnologica esploderà – proprio a causa della troppa velocità e del troppo peso –, saremo costretti a cambiare.
In quest’ottica, riacquisire lentezza – e leggerezza – è indovinare il futuro oggi, o piegarsi a esso domani.
Per un ulteriore focus sul tema: LE PREDIZIONI DI CASSANDRA SUL NO LIKE DI INSTAGRAM
Vincenzo Notaro
Direttore creativo
Officina Mirabilis